Romano Favaretto “TOE”

Credevo di conoscere “Toe”. Gli ero amico, ma non dovevo mostrargli la mia amicizia più di quanto lo pensasse. Negli anni 60 gli avevo fatto sistemare ed affittare (che pagavo io) un magazzino alloggio nel fabbricato all’angolo fra Via Martiri della Libertà e Via Santa Margherita, con una tavoletta “da Toe’s”.
I lavori e l’affitto vennero pagati da me ed in parte con quadri. Poi passò in Via Inferiore nell’alloggio della contessa Baglioni.
Albino Geromel ed io lo salvammo una sera chiamando il 113 perchè era completamente imbambolato e disinfettammo i locali da muffe, buttando vestiti e calzini, bottiglie e bicchieri, alimenti scaduti, ecc ecc.
Al dottor Perraro, che gli aveva proibito di bere, rispose che da un anno beveva solo birra e anice.
Questo era “Toe”, alias Romano Favaretto, con grandi spazi di cultura (mi fece leggere Joice e Cèline), di sport col rugby e Nino Benvenuti, con Nereo Rocco e tutta la quadra del Milan, e dell’arte con Migneco e Scanavino, Treccani e Cassinari e Dova (dei quali ho litografie dedicate a “Toe”), Celiberti, Guttuso e Omiccioli, oltre a tutti i pittori trevigiani.

Per altri motivi, con le tante storie dei “suoi” pittori credevo di conoscere “Toe”. Sapevo di Poliakoff e di Klee, sapevo di Tomea che in piazzetta del Duomo aveva ri-ottenuto un suo quadro fra vecchi libri e di Benedetti che gli aveva rifatto due volte in una mattina una veduta veneziana, perchè l’originale in deposito l’aveva venduto; sapevo di Crippa interista, che aveva dipinto vecchio stile un paesaggio per Riviera dell’odiato Milan, sapevo di Guttuso e Treccani a Falcade da Murer.
Me lo raccontava “Toe”, sempre con nostro rugby, con noi dopo le partire a ballare, o a L’Aquila in taxi da Roma con una cassetta di mele acerbe per noi rugbisti!
E poi a letto ha lasciato una sigaretta accesa bruciando le lenzuola che ha gettato nel water ostruendolo.
Ho accompagnato “Toe” dal pittore Migneco a Forte dei Marmi, ed a casa di Rocco a Trieste ad appendere quadri, ho vissuto lo scontro legale “Toe” – Dova ed in seguito la loro amicizia, ho portato cento garofani ad Omiccioli in via Margutta , perchè “Toe” aveva venduto una opera che il pittore aveva regalato e Celiberti , arrivato nel mio studio che credeva fosse di “Toe”, aveva guardato i quadri alle pareti sentenziando che il pastello di Censotti era l’opera migliore , disegnandomi una città di grattacieli per augurarmi alte vette di successo al Rugby Treviso.

Raccogliendo di volta in volta le informazioni da collezionisti, ho ricevuto sorprese positive. Mi telefona da Padova un professionista per dirmi che ha acquistato da “Toe” un Dova e un Musiç, replico “mai saputo di interessamenti per Musiç, ma mi ripete convinto la disponibilità dei suoi acquisti.
Telefona in studio un collezionista trevigiano perchè ha parecchi quadri comperati da “Toe”. Mi riceve a casa sua , facendomi vedere un savelli (artista italiano scoperto da Leo Castelli a New York, quadro acquistato da Cardazzo di Venezia, finito in mani di “Toe”) e quindi dell’attuale proprietario che pure ha acquisito un Turcato, due Scanavino, Tomea , Crippa, Zancanaro, Guttuso ed anche un altro Musiç da Padova.

Non mi resta che allargare gli occhi fra i De Chirico, Capogrossi, Depero, Campigli, Ravenna, Springolo, e tanti altri, esprimendo la mia ammirazione. Per Saetti, che aveva esposto nel 1959 alla Galleria di “Toe” la “Scaletta”, ho telefonato all’amico Riccardo, figlio del Maestro, per informarmi se sapesse di qualche acquisto in quella mostra. Già medico a Padova e soprattutto impegnato nello sport, come me, nel rugby, mi ha messo a disposizione due quadri di quell’epoca per la mostra che ho organizzato tanti anni fa ai “Carraresi” di via Palestro.
La galleria era in vicolo Bianchetti rimasta aperta diciotto mesi soltanto, per arretrati d’affitto.
Da “Toe” ho acquistato il primo quadro firmato “Manca” e intascandomi i soldi mi disse: “Manca a firma!”. Li occorrevano 10.000 lire , ne avevo soltanto la metà e chiesi la differenza a mio cognato, “Toe” mi diede un’opera senza firma, di Barbisan mi disse (confermatami vent’anni dopo dal maestro), ho acquisito un vetro dipinto antico (che ho in camera) con un santo eremita e cinghiale davanti ad una grotta, disegni e pastelli di Valentina Pianca (a Roma le ho portato una serie di piccole incisioni scoperte da De Giorgis = Renato Basso e tirate a mano da Michielin al “Barbacan” in via San Nicolo’), varie opere di Storel che ha voluto di ritorno in cambio di un Olio, raffigurante un operaio crumiro impiccato a Parigi, vari acquerelli di Carlo Conte, e la testina di gesso originale che “Toe” doveva regalare a Rivera fusa in bronzo e rovinata da Marsura.
Ho comperato due lacche colorate su tavola da Ambrogio nella mostra di “Toe” sotto la Loggia dei Trecento per dono di nozze all’amico Paolo di Parma, lacche che si erano deteriorate e che il pittore scambiò con un suo Olio a Paolo, lasciandole poi al sottoscritto.
Tutti a Treviso hanno dovuto comperare un quadro da “Toe”.

di Giorgio Fantin

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