Un percorso condiviso per il bene comune

Coinvolgere le Comunità Locali attraverso la coprogrammazione per le tematiche sociali

di Alberto Franceschini

ALBERTO FRANCESCHINI, PRESIDENTE ANTEAS

Un incontro tra le Amministrazioni Comunali che andranno a costituire gli ATS nei territori delle ex Ulss della Provincia di Treviso e le rappresentanze degli Enti del Terzo Settore Settore del territorio potrebbe essere utile per incominciare ad immaginare un percorso condiviso di coprogrammazione e coprogettazione sulle tematiche sociali.
Se la vera politica nascesse dal basso, forse il senso più alto del termine sarebbe davvero la condivisione sulla base della fiducia reciproca tra cittadini e istituzioni.
Ecco perché viene chiamata coprogrammazione la grande sfida che le Amministrazioni locali le ULSS gli ATS- Ambiti Territoriali Sociali- di nuova costituzione sono chiamati ad affrontare per risolvere i problemi in modo strutturale e abbandonare la solita logica emergenziale.
Coprogrammare significa avere una visione comune e a lungo termine cosa che non è affatto semplice quando un voto conta più di una soluzione e la politica fa e disfa la sua tela a seconda dei partiti al comando e dei voti che si possono prendere.
Che tipo di attività sono necessarie per perseguire il bene comune? In una società abituata culturalmente a prendere di petto le questioni “un bando alla volta”, programmare diventa un orizzonte da perseguire unendo le più disparate realtà, da chi lavora in un determinato settore agli enti del terzo settore.
Coprogrammare è un percorso lungo che non può esaurirsi in pochi mesi così mi immagino nel futuro quel determinato servizio in quel territorio specifico, la coprogrammazione è una costruzione di visione strategica e non un semplice affidamento di servizi L’esigenza è chiara: dovremo riallineare i nostri punti di vista, mettere la politica in relazione al territorio.
Coprogrammazione: visione comune, non affidamento di servizio Il contesto in cui tenta di radicarsi la coprogrammazione è una certa confusione in termini legislativi, anche se l’articolo 55 del Codice del Terzo Settore parla apertamente del «coinvolgimento attivo degli enti» nei vari processi decisionali, e soprattutto una sfiducia costante da parte dei cittadini nei confronti delle pubbliche amministrazioni come testimonia l’astensionismo registrato anche in questa tornata elettorale che ha riguardato molti Comuni della Provincia di Treviso dove sindaci più votati e le loro coalizioni hanno raccolto il consenso di non più del 30% dei cittadini chiamati a votare.
Per arginare questa deriva diventa sempre più indispensabile il coinvolgimento della società civile che si andranno a fare visto che anche i Dai rapporti Eurispes emerge come gli italiani si fidino sempre meno di Parlamento, della Magistratura, delle Forze dell’ordine, del sistema sanitario, dei partiti. Sfiducia che non coinvolge il volontariato a cui viene riconosciuta la sua indispensabilità.
Di per sé, la collaborazione tra la pubblica amministrazione e la base dei cittadini non è nuova, anche se negli anni è stata impostata maggiormente in un’ottica consultiva.
Si è passati così dai piani di zona ai tentativi di amministrazione partecipata, fino ai piani di sussidiarietà, con una diffusione però abbastanza limitata e di carattere residuale solo su piccoli progetti. Anche quando interessati dalla logica collaborativa, gli enti pubblici hanno ritenuto più prudente o conveniente usare strumenti pensati per la competizione, come i bandi e gli appalti.
La differenza è nell’approccio: “fare insieme” può rivelarsi più complesso e macchinoso rispetto a un intervento diretto o a una esternalizzazione dei processi, ma può portare a una responsabilità condivisa e a una soddisfazione reciproca e forse più duratura. Il dialogo tra i soggetti interessati risulta essere il cuore stesso del processo nella coprogrammazione.
Per facilitare questo percorso sono state predisposte delle linee guida dallo stesso ministero che sono state assunte in un apposito documento dall’Anci nazionale e dall’Anci veneto Competizione da una parte, collaborazione dall’altra comporta una prestazione alle migliori condizioni per persegue insieme il bene comune.
Coprogrammare per avere una visione dei bisogni delle nostre comunità.
A volte ci sono dei pregiudizi da superare: le pubbliche amministrazioni, ad esempio, guardano agli ETS come strutture poco competenti, autoreferenziali e capaci di ragionare con il cuore ma con scarsa professionalità; gli enti, viceversa, accusano le PA di essere troppo lente e macchinose, di eccedere in burocrazia e di essere poco sensibili ai reali bisogni dei più fragili.
Norme alla mano, la coprogrammazione serve anche per individuare gli stessi bisogni da soddisfare, oltre che gli interventi necessari, mentre la coprogettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio con l’obiettivo di soddisfare bisogni definiti. Secondo noi c’è un disperato bisogno di coprogrammare per avere una visione di città».
In qualsiasi caso, la tempesta di idee generata dalle varie esperienze di coprogrammazione in tutta Italia, dai vari interventi normativi, dalle discussioni pubbliche e dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2020, ha comunque portato a un passo in avanti notevole soprattutto sulle questioni di senso di questa nuova visione di comunità: prima della pandemia ci si chiedeva se cittadini e amministrazioni potessero realmente collaborare, oggi quando è possibile farlo e come attuare certi meccanismi nel modo migliore.
La coprogrammazione non fornisce un master plan di intervento, né si trasforma in un tavolo sindacale: raccoglie esperienze, propone visioni, fornisce spunti di riflessione e offre alla politica la possibilità di ascoltare la comunità per comprenderne le reali necessità.

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