Alessandra Patelli

Star nel canottaggio:
2 Olimpiadi, 1 Mondiale, 3 Europei, 3 Coppe del Mondo.

Oggi stimata medico sportivo

di Federica Gabrieli

Una storia quella di Alessandra semplice ma coraggiosa, ispiratrice per i ragazzi di oggi, coinvolgente a tratti eroica…una supereroina ma che al posto di mantello e mascherina indossa canotta, short, occhialini e scarpe chiodate all’imbarcazione. Non ha poteri particolari bensì la capacità di emozionare tanto i grandi quanto i piccoli. Una doppia identità, tolta la sua veste sportiva è una

Patelli il giorno della laurea

persona normalissima e non sempre il modello di ragazza accondiscendente.
Ha dimostrato il suo valore non solo in acqua per coronare il proprio sogno di andare alle Olimpiadi ma anche nello studio laureandosi in medicina con il massimo dei voti e nella sua quotidianità con la sua famiglia.
Eccelso esempio per affrontare la vita o lo sport… che poi sono la stessa cosa….
Nata e cresciuta a Conegliano, ha frequentato le scuole Mazzini e Cima poi il Liceo Scientifico Marconi. Ha avuto una infanzia molto tranquilla e serena sebbene è sempre stata una bambina molto movimentata, irrequieta, vivace ma ligia alle regole. Fin da piccola ha sempre praticato sport tant’è che suoi genitori all’età di 5 anni l’hanno iscritta a ginnastica artistica, lo sport del suo cuore, altresì cresciuta troppo in altezza e ha dovuto smettere. Da quella esperienza ha spaziato in vari sport fino ad arrivare all’età dei 17/18 anni al canottaggio.

Chi l’ha condotta a questo sport?
“Tra la terza/quarta liceo durante le vacanze estive sono andata a fare un viaggio in America organizzato totalmente in famiglia, ovvero da una zia. Sono capitata la settimana prima che la ragazza della famiglia che mi ha ospitato iniziasse le scuole e loro lì praticavano lo sport che avrebbero fatto durante la stagione scolastica. La ragazza che aveva la mia età mi ha chiesto se volessi partecipare, io ovviamente non avevo idea di quale sport fosse il canottaggio perché a Conegliano non esisteva, tuttalpiù mi è piaciuto da subito tant’è che al mio rientro in Italia mi sono iscritta subito ai Canottieri Sile di Treviso e quindi ho iniziato il mio andirivieni in treno tutti i giorni Conegliano/Treviso per gli allenamenti. Poi al termine del liceo mi sono trasferita a Padova all’università di medicina e mi sono portata appresso questo sport che ormai era diventato una seconda pelle per me”.

La sua famiglia l’ha sempre sostenuta nelle sue scelte?
“I miei genitori mi hanno sempre supportato in tutte le mie decisioni e percorsi, sostenendomi sempre; sono stati i miei più grandi tifosi, sebbene mio padre medico e mia madre ingegnere erano consapevoli quanto impegno e studio comportava questo mio percorso universitario: sai per loro lo studio è sempre stato l’obiettivo principale e quando hanno visto che avevo fatto solo il primo semestre e sono partita ed entrata in Nazionale nel 2011, e questo voleva dire assentarmi per tre settimane, erano un pò; preoccupati e temevano che non ce la facessi a conciliare entrambe le situazioni ovvero studio e sport. Tuttavia mi hanno sempre aiutato e sostenuto con la loro presenza.
Invece la preoccupazione di mio nonno Riccardo, medico anche lui e primario nell’ospedale di Conegliano (un medico di vecchio stile), ecco lui non capiva il mio voler fare sport tant’è che mi diceva “Alessandra sei in gamba e perdi tempo nel fare sport” ma negli anni è stato così bravo da cambiare idea e quando sono andata alla prima Olimpiade mi ha chiesto scusa, dicendomi che non aveva capito che per me era così importante, confortandomi ed incentivandomi nel continuare, dandomi pure dei consigli sulle gare e quindi si è ricreduto. Lo ammiro molto perché è una persona non più giovanissima anzi è del ‘27 che ha messo in discussione il suo pensiero e visione, cambiando idea e questo non è da tutti, tant’è che come segno di riconoscimento e gratitudine gli ho dedicato la medaglia di bronzo degli Europei di Glasgow nel 2018”.

Nei momenti difficili dove trova rifugio e conforto?
“Tanto nella mia famiglia perché quello che ho fatto è stato totalizzante. Le amicizie in squadra erano sicuramente molto difficili, siamo tutte ragazze molto competitive ed il canottaggio è uno sport di squadra ma fino ad un certo punto proprio perché fai barche multiple però tendenzialmente cerchi di prenderti il tuo posto a discapito di qualcun’altro e nei momenti di difficoltà mi rifugiavo nella mia famiglia che sapevo mi volesse bene in maniera incondizionata; tra l’altro mi sono presa delle libertà a discapito delle persone che mi stavano vicine ma alle quali ho chiesto scusa negli anni. Ho passato dei momenti dove ero intrattabile soprattutto quando tornavo dai raduni, i miei genitori arrivavano a Padova per cucinarmi la cena e per vedermi ed io non parlavo perché ero stanca e tesa e mi rendo conto solo ora del mio atteggiamento sbagliato ed irriconoscente nei loro riguardi che mi accudivano incondizionatamente. Sono stata molto fortunata perché io dico che la famiglia non te la scegli. Tra l’altro per molti anni sono stata single sebbene nel 2018 ho conosciuto il mio attuale marito che allora era anche lui nella Nazionale e che si è assorbito la mia parte più spigolosa”.

Chi è Alessandra fuori dallo sport e dal lavoro?
“Per tantissimi anni mi sono identificata in Alessandra atleta e studentessa forse più atleta. Ho lasciato nel 2021 il canottaggio in maniera definitiva quindi ormai sono passati tre anni sebbene a me sembra ieri e ancora faccio fatica a rispondere a questa domanda perché credo che sarà sempre una parte di me che mi mancherà moltissimo proprio perché tendo ad identificarmi ancora in quello.
Anche se non lo sono più però è un processo molto lungo e difficile da staccarsi, pensa che ancora oggi la gente mi chiede se non remo più e mi ricorda ancora così. Sai da atleta la mia vita sociale era quasi nulla, mi allenavo e studiavo e basta; adesso sto cercando di ricrearmi una identità un pò più stabile con altri obiettivi, difatti ho il mio lavoro ed il mio obiettivo sarebbe di diventare un medico bravo e stimato. Al di fuori sono una persona che si sta dedicando alla famiglia, mi piace far crescere la mia relazione con mio marito, sto cercando insomma la mia normalità; per il momento sono ancora in una fase di metamorfosi e quindi spero di ritrovare il mio equilibrio che ogni tanto è precario e traballante e ritornare a viaggiare non più per trasferte”.

La sua giornata tipo durante la preparazione per le Olimpiadi come si sviluppava?
“Ero molto lontana da casa perché i raduni con la Nazionale spaziavano da Sabaudia a Piediluco o a Varese. Il canottaggio è uno sport molto faticoso, richiede tantissimi allenamenti, riunioni tecniche…
La giornata era scandita da allenamenti, dal direttore tecnico che decideva a che ora ti dovevi svegliare insomma molto ripetitiva e quasi completamente decisa dall’esterno.
Si stava in raduno con tutta la squadra e si viveva in albergo; sveglia alle 6.30/7.00, colazione, primo allenamento di circa tre ore, torni in albergo, doccia, pranzo, riposino, altro allenamento e cena, a letto alle 22.30.
D’inverno si caricava di più perché facevamo circa 250 km a settimana tra barca, bici, corsa, pesi, circuiti insomma di tutto; d’estate invece più lattacida quindi più sofferenza pura, 13/15 allenamenti a settimana, due alla mattina e uno al pomeriggio”.

Qual è stata la parte più bella delle Olimpiadi?
“Devo dire che ho vissuto due Olimpiadi molto diverse ovvero Rio de Janeiro (2016) che è stata la prima Olimpiade in Sud America, la seconda è stata Tokyo in piena pandemia e quindi molto macchinosa e complicata (2021 anche se doveva essere nel 2020).
La parte più bella secondo me soprattutto per chi viene da sport minori è il sentirsi parte di una squadra cioè dell’Italia dove io porto la stessa maglietta della Pellegrini, Cagnotto, Paltrinieri cioè sportivi top. Il bello della Olimpiade è l’unione e anche il vedere tutti gli altri sport così diversi dal tuo, quindi con dinamiche di allenamenti, fisicità e diete diversi in base alla disciplina, proprio perchè vivi quattro anni chiuso nel tuo sport, poi ti si apre un mondo e questo sentirti parte integrante e rappresentare l’Italia, essendo sempre stata molto patriottica, è stata la cosa più bella”.

Che bagaglio si è portata a casa dalle Olimpiadi?
“Dalle Olimpiadi mi porto intanto il rispetto per gli altri, proprio perché vieni a contatto con qualsiasi tipo di persona molto diversa da te ma che alla fine il suo obiettivo era il mio e questo ti apre la mente perché ho conosciuto gente da ogni posto e questo sicuramente è un grosso bagaglio che mi accompagna sempre; dall’altro lato mi porto il saper gestire emozioni ed eventi così importanti che poi ho applicato in qualsiasi altro campo della mia vita”.

Ha qualche rimpianto?
“Si perché speravo che la mia seconda Olimpiade andasse meglio. La prima sapevo che andavo per partecipare sebbene mi sono impegnata moltissimo e ci ho messo tutta me stessa; la seconda invece nel 2020 ero su di una barca molto forte ma con l’arrivo del covid che ha rimandato tutto, non ce l’abbiamo fatta anche perché la mia compagna di barca ha preso il virus; ho passato un mese molto difficile dove piangevo tutto il giorno. Non ci siamo qualificati con quello stile di remata quindi mi sono ritrovata su di una barca totalmente diversa nel 2021 (dal quattro senza sono passata al doppio) e nonostante l’inghippo siamo riuscite io e la mia compagna a qualificarci per quelle Olimpiadi; questo l’ho saputo il 5 giugno e siamo partite il 20 luglio. Abbiamo fatto bene però la preparazione non era quella che avrei voluto e quindi da atleta che vuole sempre di più sono arrivata nona; ecco avrei voluto un risultato migliore tuttavia lo sport è anche questo”.

La sua vittoria più grande ad oggi è legata all’ambito sportivo, medico o famigliare?
“La mia vittoria più grande è stata quella di portare avanti tutte e tre a buoni livelli, è una cosa di cui sono fiera. Ogni tanto mi chiedo se io non avessi continuato gli studi e fatto solo canottaggio sarei arrivata più avanti… Tuttavia il canottaggio non ha tolto nulla al mio studio perché mi sono laureata praticamente giusta. Però ogni tanto mi chiedo se una cosa ha tolto tempo a quell’altra, tra l’altro non so neanche se fossi riuscita solo a remare perché sarebbe stato troppo poco per come sono fatta io”.

Coneglianese DOC. Tant’è che prima di partire per Rio, le è stato riconosciuto il titolo di ambasciatrice del Prosecco. Che effetto le ha fatto?
“E’ stata una bella gratificazione e me ne vanto molto, tuttavia è bello che il Comune riconosca un successo. Siamo atleti di sport dove poca gente si candida e quando qualcuno dall’esterno riconosce questo, fa piacere”.

Il suo sogno nel cassetto lo ha già realizzato o lo sta ancora aspettando?
“Me lo sto ricreando il mio sogno, perché sono una persona che lavora molto per obiettivi, mi ricordo che mia mamma per farmi fare i compiti mi diceva “secondo me Alessandra non ce la fai…” ed io in 5 minuti li finivo, era una sfida.
Adesso ho il sogno di diventare un bravo medico perché la medicina mi piace e sono contenta del mio percorso di studi. Pratico medicina dello sport, mi occupo delle valutazioni degli atleti, collaboro con la Federazione di Canottaggio e con varie strutture ospedaliere pubbliche e private. Insomma sto provando varie cose e vorrei iniziare a focalizzarmi su una cosa specifica”.

Cosa consiglia ai giovani d’oggi che devono conciliare studio e sport?
“Non c’è una formula magica nel senso che devono piacere entrambe le cose, non bisogna pensare che lo studio sia meno importante dello sport, poichè lo sport finisce ad un certo punto.
Devi sempre avere un piano b, lo studio in prospettiva è più importante; il mio consiglio è di cercare
di guardare un pò; oltre la “gara del mese”.

Perchè ha scelto il canottaggio dei due senza, visto che è una delle specialità più difficili del canottaggio proprio perché richiede grande possesso della tecnica di voga nonché una buona applicazione delle qualità fisiologiche nella palata?
“Le barche non si scelgono bensì arrivano un pò; per caso, nel senso che provi tutte le barche possibili. In verità io sono nata di coppia ovvero con due remi in mano ma ad un certo punto per varie dinamiche di squadra mi hanno detto di passare al due senza, dove ogni vogatore impugna solo un remo; mi hanno messo su questa barca che in qualche maniera è meno fisica e più empatica, dove si crea una sintonia pazzesca con la compagna”.

Insomma è una barca speciale e magica….
“Ricordo la mia prima Olimpiade nel due senza che ho fatto con Sara, a me ancor oggi molto vicina, dove si ha una pala che entra da una parte e l’altra che entra dall’altra quindi devi essere totalmente sincronizzata ed in armonia con la tua compagna; difatti la cosa più bella è che solamente guardando la sua schiena percepivo come remava e così anche lei verso di me, capendo subito quando c’era qualcosa che non andava. Vedi dopo un pò; nasce quella sensibilità sconfinante, amorevole, coinvolgente dove sei un tutt’uno con la tua compagna di barca”.

Chi era Alessandra Patelli e chi è oggi?
“Era una ragazza molto determinata, rigida, a tratti spigolosa e un pò egoista, incentrata solo su se stessa; era l’unico modo per sopravvivere perchè era troppo coinvolta in ciò che faceva e non necessitava di altro.
Adesso sono una persona meno rigida, più morbida, con gli angoli un pò più smussati sebbene non del tutto, sensibile più di quello che pensavo e un pò ripetitiva sebbene al momento sono ancora alla ricerca della mia nuova identità; quindi una struttura emotiva forte che applicherò in tutti i miei campi di azione, insomma ora mi sento un po’ più donna”.

 

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