I JALISSE: un duo iconico della musica pop italiana

“La musica è un’opportunità per rieducarci ad un linguaggio di costruzione; l’unico che ad oggi può tornare a farci dialogare, è un collante che può riportare bellezza, dolcezza, abbattere barriere e che ci insegna ad ascoltare e ascoltarci”

di Federica Gabrieli

Jalisse – Credit Foto di Alessandro Rabboni

Una coppia nella vita e nella musica

Una profonda e preziosa semplicità che si accompagna con l’umiltà e che contraddistingue Alessandra Drusian e Fabio Ricci; una pregevolezza che non gli ha mai allontanati dalle persone, ovvero dalla “normalità”, da un vissuto dove hanno costruito la propria casa, cresciuto con amore le loro figliole con valori importanti ed imprescindibili.

Jalisse – Credit Foto di Alessandro Rabboni

Alessandra: “Sono nata a Oderzo il 18 maggio 1969. Ho trascorso la mia infanzia ad Oderzo e la passione per la musica è arrivata naturalmente, come imparare a camminare, ad andare in bicicletta nel senso che già all’asilo inconsciamente e volontariamente mi veniva voglia di cantare e salire su di un palco per me era come essere a casa. Difatti le suore di Gorgo al Monticano dopo la mia vincita di Sanremo custodivano (come se avessero avuto il presentimento che quella bambina un giorno sarebbe arrivata su quel palco) ancora le casettine con la mia voce registrata di quegli anni.
Ricordo che alle elementari avevo un’insegnante che faceva parte del coro Alpes di Oderzo e tutte le mattine prima di iniziare le lezioni, oltre la preghiera, si cantava ed io intonavo sempre il canto “Ci vuole un fiore” di Sergio Endrigo; altresì c’era l’ora di musica dove si cantava a diverse voci ed ero sempre in prima linea ed era tutto molto naturale, puro e semplice. In casa aleggiava questo sentimento rivolto alla musica proprio perché sia mio nonno che lo zio da parte di mamma suonavano nella banda cittadina di Oderzo; avevo anche gli zii che si prodigavano nel canto nel prestigioso coro polifonico Alpes, dove poi sono arrivata anch’io, diretto dal maestro Granzotto, grande violinista che amava lavorare con le voci e con lui ho iniziato a capire il meccanismo.
Da lì con una mia amica ho partecipato a vari concorsi in Veneto. All’epoca ce n’erano tantissimi; ricordo il primo che ho fatto ed è stato con il gruppo musicale la Retrospettiva a Baserghelle dove ho cantato “Innamoratissimo” dei Righeira e da lì mi è piaciuto talmente tanto che ho iniziato a sostenere moltissimi concorsi musicali nel Veneto e nel Friuli e con numerose vittorie, entrando così in gruppi rock, orchestre di liscio ovvero tutto ciò che riguardasse la musica piuttosto che studiare a scuola. Era diventato vitale il canto per me. Nel ‘90 ho fatto un concorso nella trasmissione Gran Premio condotta da Pippo Baudo e da lì iniziai a praticarmi a livello professionale”

Fabio: “Sono nato a Roma il 5 settembre 1965, ho iniziato a suonare all’età di 13 anni quando mi sono innamorato della prima tastierina Bontempi. Ho un ricordo bellissimo legato alla mia infanzia e che custodisco con affetto dentro di me: era una tastierina che si trovava dentro un magazzino vicino al bar dei miei genitori, ogni giorno all’uscita di scuola mi precipitavo assiduamente in quel magazzino per vedere quel meraviglioso oggetto che per Natale mio padre decise di regalarmi e a distanza di poco tempo anche il primo sintetizzatore. Quindi all’età dei 14 anni ho iniziato a prendere lezioni di musica e suonare nei garage perché una volta si provava nelle cantine di Roma con vari gruppi. Da lì ho iniziato sia a fare musica che a cantare e alla fine dell’84 ho frequentato il Cenacolo, un luogo d’incontro e creazione musicale della casa discografica RCA che seguiva i musicisti”.

Che cos’è per voi la musica?

Alessandra: “La musica per noi è vita, ossigeno, sangue, acqua, è tutto. E’ un’arte meravigliosa, risveglia le emozioni più profonde, strappa un sorriso anche in una giornata triste rendendo più leggeri quei momenti difficili e amplifica la nostra felicità, suscitando enormi suggestioni con uno scopo terapeutico senza eguali. La musica ci insegna la cosa più importante ovvero ad ascoltare e ascoltarci.
Ha un potere magico perché ha la capacità di contaminare, abbattere le barriere, di far assorbire culture e tradizioni in maniera delicata, composta, dolce ed educata; questo lo vediamo e sentiamo durante i nostri concerti, quando il pubblico canta le stesse parole nostre vivendo ognuno a modo suo la loro storia che non ci è dato sapere.
Abbiamo avuto la possibilità, insieme ad altri colleghi di incontrare il Presidente della Repubblica, Mattarella, in varie circostanze celebrative; ricordo con una filigrana di dolcezza e profondità le sue parole: “Fate il mestiere più bello del mondo ovvero quello di portare la musica in qualsiasi attività e campo lavorativo; senza di voi il mondo sarebbe piatto, quindi dobbiamo dare questo immenso valore e farla conoscere, capire che la musica è fondamentale e porta degli enormi benefici”.

Vi siete conosciuti in una casa discografica nel 1990 e poi rivisti dopo due anni. Nel vostro secondo incontro quale congiunzione ancestrale ci fu? Ovvero è sempre rimasto vivo quel desiderio di rincontrarvi?

Fabio: “Arrivavo da un ‘85/86 dove ho fondato il gruppo Vox Popoli, col quale ho pubblicato un maxi-singolo dal titolo I’m So Bad e mi presentavo alle case discografiche come cantautore, tra l’altro cantavo solo in inglese ed ho deciso di iniziare a cantare anche in italiano. Quando nel 1990 mi è stata presentata e proposta Alessandra, ho creduto che lavorare con una voce importante ed interessante come quella di lei sarebbe stato per me una missione. Tuttavia da quell’incontro è dovuta ritornare in Veneto per terminare gli studi e il suo discografico era fermo con vari progetti. Nel ‘92 quando l’ho rincontrata casualmente, ricordo che sono andato a prenderla in stazione e da lì il nostro cuore ha iniziato a battere talmente forte e in un modo diverso rispetto al primo incontro che non ci siamo più allontanati cosicchè da unire il nostro sentimento alla nostra passione, costruendo la nostra famiglia, il nostro futuro musicale e carriera assieme”.

Avete due figlie, Angelica e Aurora. Anche loro hanno seguito la vostra passione o hanno altre aspirazioni?

Alessandra: “Angelica e Aurora sono le nostre due migliori canzoni che sono uscite fuori. Mentre Angelica quand’era più piccola scriveva dei testi e si adoperava anche nella scrittura di poesie, negli anni ha preso una strada diversa ossia rivolta alla matematica difatti abita in Norvegia e sta finendo l’Erasmus per gli esami della Magistrale e quindi dedita a quella passione. Aurora invece è un’artista e scrive testi, si pratica nella recitazione, suona la chitarra, pianoforte, musica d’insieme e ha partecipato con la sua presenza in due nostri video”.

Nel 1993 avete deciso di formare il duo, chiamandolo Jalisse. Da cosa avete preso spunto e soprattutto ha un significato particolare questo nome?

Fabio: “Abbiamo aperto la nostra etichetta musicale indipendente come Jalisse snc, investendo sul nostro futuro e con la quale abbiamo vinto il Festival di Sanremo nel ‘97. Abbiamo scelto Jalisse perché era il nome che volevamo dare a nostra figlia nel ‘93 ovvero Jalissa.”

Avete dimostrato che la vostra carriera può proseguire benissimo anche senza la partecipazione al Festival. Avete già programmato il vostro tour 2024?

Fabio: “La prima parte inizierà con la nostra band in Italia già dal 7 giugno a Taranto, da ottobre proseguiremo invece su Madrid, Stoccolma, Parigi, Londra, Amsterdam, Australia”.

Fiumi di parole, poi il silenzio. Forse perchè i Jalisse hanno fatto parlare troppo all’epoca e per questo motivo non vi abbiamo più visti sul palco dell’Ariston. Anche in occasione dell’edizione 2024 del Festival della Canzone Italiana, si è continuato a tenervi distanti dalla città sanremese, se non come ospiti nel corso dell’ultima serata.
Dal 1997 ovvero ventisette anni fa, ricevete sempre un due di picche. Ma perché i Jalisse vengono sempre esclusi da Sanremo?

Alessandra: Il silenzio dal ‘97 non lo abbiamo voluto noi ma è stato forzato, non ci aspettavamo assolutamente tutto ciò, anzi noi volevamo fare solo le nostre cose con semplicità e fatte bene.
Credo che quando si vince una manifestazione, capisco anche le contestazioni e i dissensi, se è stato il pubblico o comunque la giuria popolare a votare non mi sembra giusto andare contro la volontà di chi ha espresso il loro parere e voto. Tuttalpiù noi su quel palco abbiamo davvero dato tutto e di più perché sapevamo che dovevamo passare tra i big, sebbene la vittoria non ce la aspettavamo.
Abbiamo sempre continuato nel credere in questo mestiere e nel darci completamente. Per quanto riguarda i ventisette anni di no, ad oggi non sappiamo ancora la motivazione e credo non ce la diranno mai; probabilmente stiamo ancora pagando lo scotto del ‘97? Ma mi sembra che siano passati un bel po’ di anni oramai. Basta pregiudizi, basta pensieri strani nei confronti dei Jalisse, noi facciamo il nostro mestiere e lo facciamo con grande passione, umiltà e dedizione, questo è il nostro lavoro quindi un po’ di rispetto in più sarebbe cosa buona e giusta”.

Fabio: “Sai un’etichetta indipendente, totalmente autoprodotta, probabilmente a qualcuno ha dato fastidio. Se si riuscisse a capire che questo è un mestiere come tanti altri dal panettiere, all’albergatore, al ristoratore etc., forse si riuscirebbe a difendere più spesso questa categoria. Però noi non molliamo e siamo pronti anche per la ventottesima prova d’entrata a Sanremo”.

Avete un consiglio da dare ai giovani d’oggi che perseguono la carriera musicale?
Alessandra: Quello sicuramente di contornarsi di persone fidate, che vogliono il bene dell’artista e non lo sfruttamento dello stesso, cercare di fare quello che più appartiene alla propria personalità anche a livello musicale e quindi non omologarsi a quello che sta uscendo quotidianamente su radio, you tube e diventare come dei soldatini pur di fare cassa, non quanto per l’artista quanto per chi sta dietro. Quindi andare sempre con i piedi di piombo in qualsiasi situazione, non esagerare troppo, sentirsi rispettati e portare avanti con dedizione e umiltà la propria passione”.

Aggiunge Fabio: “Farlo con il tempo giusto perchè oggi si vuole consumare tutto subito e la canzone è veloce ma l’importante è fare musica e non arrivare immediatamente ad alti livelli perchè non si è preparati, trovandosi in un vortice di prestazioni e facendo diventare molto complicata la gestione”.

C’è un luogo in Veneto, in particolarmente nella provincia di Treviso che vi aggrada di più e al quale avete ricordi condivisi assieme?

Alessandra: “Ci piace fare lunghe passeggiate, stare in mezzo alla natura, ricordo che spesso io e Fabio abbiamo trascorso giornate intere tra le Colline di Valdobbiadene e Conegliano, sostando anche in qualche ristorante del luogo per sorseggiare del buon prosecco e degustare qualche piatto tipico del posto; che bei ricordi, tuttavia quando rientriamo ad Oderzo lo rifacciamo sempre.
Ricordo tra l’altro che usavamo prendere la bici e pedalare lungo il Monticano, cosi come passeggiate e visite alla città di Treviso, in Piazza dei Signori una bomboniera”.

Fabio: “Il Veneto è tutto bello ed in particolare la provincia di Treviso è fantastica e gli abitanti nutrono un forte senso civico. Ci ritorniamo sempre con molto piacere, tant’è che la nostra base fissa è Oderzo con un andirivieni con il Lazio”.

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