di MICHELE MIRIADE
Una serata per ricordare Alfredo Beltrame “L’artista della ristorazione” quella che si è tenuta al Relais Monaco di Paderno di Ponzano, dove tra l’altro prese avvio la catena dei Toulà. Nato nel 1924 e deceduto nel 1984, a soli 60 anni, Alfredo è stato un vero innovatore della cucina trevigiana, veneta ed italiana che portò nel mondo. Infatti dopo aver aperto il ristorante “da Alfredo” a Treviso (nel 1961) in via Collalto e a Jesolo (per far mangiare bene i trevigiani al mare), diede vita alla catena dei “Toulà”, il brand della ristorazione di qualità a livello internazionale iniziando appunto nel 964 da Cortina per conquistare l’Italia e il mondo. Ricordiamo i Toulà a Porto Rotondo in Costa Smeralda, a Roma, il Biffi alla Scala a Milano, Firenze, Padova e varcare i confini con Monaco, Montecarlo, Helsinki, il “girevole” di Toronto, Tokio, Pechino, quindi i banchetti portando ai sui tavoli alta aristocrazia, personaggi e vip del mondo dello spettacolo, della moda,
Al suo fianco ebbe poi Arturo Filippini, sceso dal paese di Zavattarello (Pavia) con il fratello Piero, entrambi usciti poi da quella scuola della ristorazione e cucina di villa Condulmer dove c’era anche Giacomino, che poi con Piero diede vita all’Incontro a porta Altinia.
Arturo a fianco di Alfredo per conquistare il mondo.
E il fantastico percorso di Alfredo Beltrame a 100 anni dalla nascita, 40 dalla scomparsa e 60 dalla nascita del primo Toula (a Cortina) è stato ricordato grazie all’idea di Alessandro Bianchin, chef (tra l’altro proprio Relais Monaco), Laura Gracis presidente del gruppo culturale “Milo Burlini” di Ponzano, di Enrico Mazzocco direttore generale del Monaco di Venezia e di Roberto Bolzano che dirige il Monaco ponzanese.
Foto, aneddoti, ricordi, e tra questi non sono mancati quelli di Dorino Sartor dal 1968 al ‘78 direttore del Toulà di Roma (ma ricordiamolo da Toni del Spin e al Dominicale). Mattatore della serata, nel ripercorrere l’evoluzione di Beltrame e la sua cucina nel mondo, è stato il castellano Giancarlo Saran, scrittore, enogastronomo, membro del Centro Studi nazionale dell’Accademia Italiana della Cucina e rotaliano.
Saran, cosa ha significato Alfredo Beltrame per la ristorazione trevigiana?
“Per certi versi si può dire che Alfredo Beltrame ha sdoganato la cucina trevigiana da una dimensione locale, senza ricorrere miti d’oltralpe, come allora di moda, o icone consolidate dell’immagine italiana in cucina, a iniziare dalla carbonara o dalla fiorentina ai ferri. Da Venezia per andare a Cortina si fermavano da lui nomi del jet set internazionale per godersi una buona pasta e fagioli o un pollo in umido con la polenta. A testimonianza che una delle ricchezze della cucina italiana è la sua estrema variabilità da regione a regione, da campanile a campanile, patrimonio che nessun altro paese può vantare, anche se, adesso, l’etichetta culinaria del made in Treviso vede il tiramisù monarca assoluto. Il dolce italiano più esportato all’estero, perfino più del panettone”.
Beltrame è stato lungimirante con la catena dei Toulà portando la cucina trevigiana e veneta nel mondo?
“Il Toulà è stato il primo marchio del made in Italy messo a fare sistema proiettandolo sul piano internazionale, il bravo Arrigo Cipriani, con i suoi Harry’s Bar è arrivato dopo. Ma, accanto a Beltrame e al Toulà vanno ricordati anche altri protagonisti di quella straordinaria stagione che ha visto la cucina trevigiana sotto le luci dei riflettori golosi. Pochi anni dopo, da un’intuizione di Fernando Raris, Giuseppe (Bepi) Mazzotti e Bepo Maffioli, è nato Cocofungo, il primo circuito nazionale dedicato ad un prodotto. Il Cocoradicchio a seguire e, a ruota, i Ristoratori del radicchio gemellati con il Radicchio d’Oro e miss Italia come madrina. Ecco che la Marca Gioiosa et Amorosa narrata da Signore e Signori era diventata via via la Marca Gioiosa e… Golosa”.
Arturo Filippini al suo fianco, altra figura importante per la ristorazione trevigiana?
“Arturo Filippini è stato, per certi versi, l’erede naturale di Alfredo Beltrame, nel saper mantenere, e per certi versi sviluppare la sua intuizione iniziale. Meno creativo, forse, ma l’indispensabile “uomo macchina” necessario perché le intuizioni visionarie dell’uno diventino poi materialmente realizzabili nella pratica quotidiana”.
Oggi la cucina trevigiana come sta?
“C’è indubbiamente un momento storico caratterizzato da molte variabili. Passaggi generazionali non sempre facili per le insegne storiche. Saliscendi economici e quindi capacità di spesa variabili. Incroci di civiltà anche a tavola, non solo per l’arrivo di comunità con tradizione diverse, ma anche per lo svilupparsi di un’offerta gastronomica molto diversa, sulle cui qualità potremmo avere molto da dire. Ma, al di là di questo, la sfida per i nuovi artigiani dei fornelli è quella di rincorrere meno mire stellate e badare di più ad essere testimoni sul territorio di prodotti, ricette, tradizioni, con quel tocco di modernità equilibrato quanto basta. Sono i bravi cuochi, ora, gli ambasciatori e notai della cucina della loro comunità, ruolo che un tempo era delle madri e, soprattutto, delle nonne”.
Il ruolo dell’Accademia Italiana della Cucina?
“La Delegazione di Treviso è una delle prime fondate in Italia (70 anni fa), grazie a figure quali Bepi Mazzotti e poi Bepo Maffioli. La missione continua, le premesse ci sono tutte. Un falso mito da sfatare è la sua apparente inacessibilità. Per chi va sul sito dell’Accademia, aperto a tutti, si può seguire la rivista mensile così come la guida dei ristoranti e molto altro ancora”.
Il prossimo anno ci sarà da ricordare un altro protagonista trevigiano come Maffioli. Iniziative?
“Bepo Maffioli è stato un genio del novecento a dimensione trevigiana con proiezione nazionale. Stiamo lavorando, e in questo caso, come Rotary Treviso, per rendergli il dovuto omaggio in occasione del centenario della nascita, nell’aprile dell’anno prossimo”.