La riscoperta di un pittore tra arte e storia

“Un affresco restaurato a S. Nicolò e un libro di Sante Rossetto per conoscere Domenico Capriolo”

di R.C.

Domenico Capriolo, chi era costui? Così, come il manzoniano don Abbondio, si potrebbe dire di questo pittore veneziano vissuto a Treviso dove ha espresso la sua vita artistica tra il 1517 e il 1528. Anno questo, il 3 ottobre, in cui venne freddato a Ponzano da un colpo di archibugio sparato dal suocero. La

SANTE ROSSETTO

sua figura torna oggi agli onori della cronaca per due motivi.
Il primo riguarda il recente restauro dell’affresco “Le tentazioni di Cristo” nell’antico refettorio del convento di San Nicolò attribuito a lui dalla critica. Nel secondo è la presentazione, mercoledì 27 novembre alle 18 alla libreria Ubik in Corso del Popolo del libro “Assassinio nel campo di grano” (Canova) di Sante Rossetto che rievoca la biografia del giovane pittore.
Domenico Capriolo era arrivato a Treviso nell’autunno del 1517, pochi mesi dopo la conclusione della guerra di Cambrai (1509-1517) che aveva dato l’avvio alla erezione delle celebri mura.
In città, tra i numerosi artisti che lavoravano dopo la presenza di Lotto e Tiziano, erano attivi i fratelli Gerolamo e Piermaria Penachi.
Il più noto è quest’ultimo, morto tra il 1514 e il 1515 che ha lasciato varie e qualificate opere nel capoluogo e nella Marca. La moglie Altabella e tre figli giovani rimasero così senza il sostegno paterno. Non che alla famiglia mancassero le sostanze perché Gerolamo e Piermaria con la loro arte avevano messo insieme un consistente patrimonio terriero di 43 campi nella vicina villa di Ponzano al confine con San Palè.
Non è improbabile che il giovane Capriolo, nato a Venezia nel 1494, sia stato chiamato a Treviso sia per offrire il proprio lavoro sia per svezzare nell’arte pittorica i due bambini di Piermaria che avevano una decina di anni. Nella casa dei Penachi Domenico incontra anche Camilla, la sorella più grande.
Fu, quasi certamente, un colpo di fulmine, perché poco dopo i due si sposano. Una delle poche storie d’amore che si vivono in tempi in cui il matrimonio era prima di tutto un contratto tra famiglie. E lo fu anche qui per quanto riguarda la dote di Camilla. Quello, però, fu un contratto, che prevedeva otto campi destinati alla sposa, contestato soprattutto dal suocero acquisito.
Il libro del giornalista e storico trevigiano, però, si concentra soprattutto sulla vita e le abitudini di una piccola città, pur capoluogo di podesteria, come Treviso dove vivevano soltanto una decina di migliaia di persone. L’autore conduce per mano il lettore tra le sassose strade, dentro le misere case degli artigiani, ma anche in quelle abbondanti e fastose dei nobili tra cui spiccano i nobili veneziani che stavano in questo periodo affollando la Terraferma acquisendo proprietà e terreni.
Leggiamo come vivevano i villici, che prodotti coltivavano nei loro campi dove prevalenti erano frumento e vino. Impariamo a conoscere quella splendida opera caritativa che era l’Ospedal grando (quello di San Leonardo). Ma accanto alla vita quotidiana trevigiana Rossetto fa conoscere anche il panorama politico italiano ed europeo dove imperversano le guerre con i terribili sacchi di Roma e Pavia (1527), l’avanzata dei turchi nei Balcani, la prigionia di Francesco I re di Francia. E, anche, le manovre per eleggere nel 1527 il nuovo vescovo di Treviso.
Fino alla drammatica carestia sempre dell’anno orribile 1527 quando migliaia di persone muoiono di fame. Anche per questo era prezioso quel miglio cresciuto nei contestati campi di Ponzano che il Capriolo stava falciando e raccogliendo quel sabato 3 ottobre del 1528. Quando un colpo d’arma da fuoco ha messo fine alla sua giovane esistenza.
L’agile volume di Sante Rossetto (170 pagine) è un vademecum storico che descrive un decennio di storia cittadina con le sue violenze, difficoltà, intrighi e lotta per la sopravvivenza.
Un romanzo dove ogni avvenimento risponde alla storia che si è vissuta e più spesso subita in quel periodo. In cui, adesso, ritroviamo dopo cinque secoli un’altra opera, stavolta a fresco, che il Capriolo avrebbe offerto ai trevigiani.
Per questa conferma aspettiamo il placet dei critici. Intanto godiamoci la descrizione che ci presenta “Assassinio nel campo di grano”.

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