“Una cucina materna, fatta con lo stesso amore e rispetto insegnatoci dalle nostre nonne.”
di FEDERICA GABRIELI
Cera una volta… sulla strada che conduce a Follina, precisamente a Pedeguarda, ai piedi di un antichissimo castelletto risalente al ‘400, un classico rustico utilizzato per molti secoli come posto di ristoro per viandanti e cavalli, denominato osteria Al Castelletto Dalla CLEMI…..
Sembra l’inizio di una bella favola e difatti, lo è. Un sogno, una promessa visionaria fatta di tradizione,
amore, dedizione per il bello e convivialità. Un racconto dove era sufficiente una stretta di mano, uno sguardo rassicurante e parole vere che ha sancito un legame indissolubile dal 1976 con il nostro territorio. Altresì una promessa e desiderio di un padre che prima di passare ad altra vita, ha chiesto alla figlia di fare la cuoca; il ricordo reale e attuale di un luogo che ha segnato la storia delle Colline di Conegliano Valdobbiadene e non solo….
Per conservare e sviluppare questo legame imponente e penetrante tra passato e presente spesso occorre la magia di un piccolo luogo di passaggio d’altri tempi, ma vivace nella sua identità e nella sua storia come l’osteria Al Castelletto Dalla Clemi, in cui osservare giorno dopo giorno, volti, gesti quotidiani, esistenze….Un viaggio di vita non sempre semplice e scontato che straborda di emozioni, volontà e a tratti di velleità.
Una semplicità disarmante quella della Clemi, coinvolgente a volte “rustega” come si definisce lei, una donna accompagnata da una straordinaria sensibilità per le persone comuni e non solo, ciascuna degna di attenzione. Nelle sue parole e racconti traspare un’anima vera, pura, genuina, legata alle tradizioni, ai ricordi, grata di quello che le è stato donato e che grazie alla sua caparbietà, perseveranza, volontà è riuscita a farsi conoscere non solo sul nostro territorio ma sconfinando molto oltre. Una donna che con la sua naturalezza, autenticità, spontaneità, sincerità si fa voler bene e che tocca le corde più profonde dell’anima dell’interlocutore, solo con uno sguardo, un sorriso a mezz’asta e poche parole ma quelle rincuoranti, rasserenanti; una donna che vive quasi in assenza di spazio e tempo, così com’è la sua osteria.
Mi accingo nel varcar l’uscio dell’osteria, abbracciata da una fanciullesca emozione e una filigrana di timidezza. Clemi che mi accoglie con un sorriso a mezz’asta, seduta mentre cura e prepara ceste di funghi porcini appena raccolti per il risotto del giorno.
La sua cucina rispecchia la precisa volontà di portare in tavola piatti d’altri tempi, indimenticabili, ma soprattutto per l’utilizzo di materie prime squisite e genuine.
“Ingredienti che arrivano dal nostro orto – afferma Clemi – e produttori di fiducia. Una cucina
materna, fatta con lo stesso amore e rispetto insegnatoci dalle nostre nonne.
Saldi nelle nostre identità territoriale, applichiamo lo stesso spirito nello studio del menù, seguendo il ciclo biologico delle materie prime, rigorosamente di stagione”.
“All’inizio quando mi è stata affidata e donata dai conti Brandolini Arrivabene questa osteria, ogni sera verso le 18.00/19.00 all’arrivo dei clienti servivo solo “ombre” tuttavia secondo me queste persone sostavano qui ore inutilmente. Una mattina mi sono svegliata e ho detto basta io non sono fatta per fare questo mestiere bensì per far da mangiare. Un giorno ho preparato tutti i tavoli come si vedono ora, entrarono i soliti abitudinari, quelli delle 18.00 e mi dissero con un tono scocciato “ noi siamo venuti per l’ombra” ed io li risposi che avevo preparato i tavoli perché volevo far mangiare la gente. Loro mi dissero “sei impazzita, cosa credi di essere…” ma a distanza di un anno venivano tutti a mangiar qui e anche adesso c’è la gara” – sorride- .
“Sono nata a Soligo nel 1945 e vissuta lì, finché mio padre nel ‘56 è andato ad abitare e lavorare presso il castelletto della contessa Brandolini Arrivabene, come giardiniere, portandosi appresso tutta la famiglia.
La mia infanzia prima l’ho trascorsa a Venezia con il conte e la contessa Brandolini Arrivabene, perché amavo i bambini e accudivo i loro figli.
Da Venezia siamo tornati al castelletto, io avevo 13 anni, non sono mai andata a scuola perché mi avevano tirato da piccolissima un sasso nell’occhio creandomi un danno irrimediabile e per questo non ho mai studiato bensì sempre lavorato. Come ti dicevo accudivo i bimbi della contessa ma poi un giorno in punto di morte di mio padre, il suo desiderio era quello che io facessi da mangiare e in quelle situazioni, si dice sempre di si. Ho voluto mantenere la mia promessa; ricordo che andai dalla contessa dicendole che volevo iniziare a cucinare però non sapevo far nulla. “So cusinar quel che so far” e lei ha avuto tanta pazienza, si è prodigata e mi ha insegnato.
Difatti la contessa nel ‘76 mi ha donato l’osteria (una promessa che lei mi ha fatto, finché vivo e così anche per i miei figli) e dopo tre/quattro anni ho cambiato completamente e sistemato a modo mio la locanda.
All’inizio cucinavo minestra e “fasioi”, minestra di verdura, tagliatelle con il ragù, tutte cose che a me non piaceva fare. Ricordo che un giorno sono entrati dei ragazzi che andavano a giocare a tennis e mi chiesero se potevano avere una pasta alla vodka e da lì ho iniziato a cambiare menù; in base alla clientela che si stava formando ho cambiato la mia cucina”.
Ha un piatto speciale?
“I clienti chiedono sempre i soliti piatti ovvero tagliatelle fatte in casa, impazziscono per il risotto di stagione, adesso ci sono i funghi, o con il vino rosso e castelmagno. Di secondo: lo spiedo da sempre portato avanti da Poldo, vecchio anfitrione dell’osteria al Castelletto e primo grande maestro, tra i maestri dello spiedo, in quell’arte millenaria nell’arrostire le carni e dal quale ho raccolto, con mirabile passione, il testimone. A questo aggiungo carne alla griglia oppure pollo in umido insomma cose nostrane”.
L’occhio vigile della Clemi, direttrice d’orchestra di questa sinfonia di sapori, veglia sulla linea, controllando ogni piatto che scorre come un’opera d’arte da esaminare. Ogni dettaglio, ogni ingrediente, è un sigillo di qualità e sicurezza, una garanzia che ogni pasto sia non solo delizioso, ma anche perfetto.
Un occhio attento che assicura che ogni menù sia un capolavoro di gusto e nutrimento. Piatti eleganti nella loro semplicità, abbracciando e coccolando tutti i sensi creando un concerto di sapori e colori.
Il suo piatto preferito qual è?
“A me piacciono molto i risotti, è sempre stato fin da piccola il mio piatto preferito proprio perché non è mai scontato e può essere consumato in ogni stagione.
I piaceri della tavola sono opere d’arte e poi la preparazione del risotto implica la presenza continua
della persona, non lo abbandono mai ovvero lo mescolo sempre; insomma non gli tolgo mai gli occhi di dosso fino alla sua giusta cottura ed impiattamento”.
Tantissimi personaggi famosi e non orbitano nella sua osteria. C’è qualcuno a cui si è particolarmente affezionata?
“Sono affezionata a tutti i clienti, poi ovvio che c’è qualcuno che mi capisce un po’ di più, con cui condivido più tempo assieme e sono nate delle grandi amicizie”.
Un’atmosfera quasi medievale, la tinteggiatura dei muri con righe bianche e rosse che riprendono i colori distintivi dello stemma dei Brandolini Arrivabene; l’accortezza nella scelta di oggetti nobiliari e la loro disposizione creano un delicato contrasto con la semplicità dei piatti; un passaggio tra le stanze, quella del caminetto che ti accoglie per prima varcando l’uscio della locanda per poi passare nella sala libreria e nella sala veranda.
Non è un ambiente qualsiasi, qui c’è tanta personalità della Clemi, bouquet di fiori, disposti in ogni angolo dell’osteria che si mescolano ai colori di cuscini ricamati a mano, tessuti di pregio e quadri antichi alle pareti ed è proprio per questo che l’ambiante risulta familiare ed è come essere a casa.
C’è una eleganza delicata, non pacchiosa, e il carattere della padrona di casa, si confà con tutto l’ambiente ovvero gentile, servizievole, una persona squisita, dolce, “rustega” – continua lei sorridendo …
Il suo cliente chi è?
“E’ maggiormente il turista che passa di qua o che ci conosce già e ritorna: dall’americano, all’inglese…. Ma anche clienti abituali di ogni settimana”.
Qual è stata la sua carta vincente?
“Forse il mio modo di essere, perché rimango dentro alla testa delle persone; i clienti non stanno tanto senza tornare. Ora Nicolò, mio nipote, sta prendendo in mano il posto difatti già da dieci anni mi affianca ed è molto bravo, molto più di me”.
Ha ancora un sogno nel cassetto?
“Certo ma non posso svelarlo. Sai mi hanno sempre insegnato l’umiltà e questo mi ha sempre accompagnato negli anni.
Non sono una persona che sfoggia o si dà delle arie per quello che ha fatto e soprattutto non ho mai svelato il nome di quale personaggio famoso è passato di qua. Altresì e solo per ricordarlo, visto che ci ha lasciato da un po’ di anni, il Signor Mastroianni ad esempio veniva qui per chiacchierare con me; pensa che lui arrivava qua e nessuno chiedeva autografi, al massimo passava un ciclista in bicicletta e lo salutava con un “ciao Marcello” e lui apprezzava moltissimo questa cosa; veniva ogni anno, così come Troisi, Ugo Tognazzi, Sordi….”.
Chi è Clemi oggi?
“Non ci ho mai pensato ma non mi vedrei diversamente da quella che sono oggi”.
Si aspettava questo risultato?
“Si. Sebbene sarò sempre grata a Lino (Locanda da Lino a Solighetto) proprio perché grazie anche a lui,
la mia locanda è andata bene. Tuttavia ogni cliente ha messo le sue idee e ha aiutato a creare la Clemi”.
C’è mai stato qualcuno che si è lamentato?
“Siiii se non altro del conto” – ride Clemi -.
Da chi ha preso spunto per le tue ricette?
“Ho sempre dimorato a casa della contessa e i suoi fratelli avevano dei grandi cuochi; ecco quando mettevo a letto Gilberto, il figlio della contessa, andavo in cucina e imparavo guardando. Non ho una ricetta scritta, le conservo tutte nella mia testa”.
Passiamo ai dolci. Cosa propone?
“Faccio solo quelli che ho imparato dalla contessa ovvero la mousse di menta e quella al cioccolato e poi grazie ad un cliente che è passato di qua e che mi ha suggerito di fare il gelato allo zabaione, mi sono prodigata e l’ho fatto”.
Ho saputo del suo recente viaggio/invito a Londra. Ci racconti…
“L’anno scorso era venuto a fare le vacanze in questo luogo un personaggio di Londra, affittando completamente il castello sopra la collina per lui e la sua ragazza.
Sono arrivati in locanda per l’ora di cena per sorseggiare qualche buon bicchiere di vino e si sono fermati a mangiare.
Già dalla prima cena si sono innamorati del posto per cui questo signore assieme alla fidanzata per due settimane circa hanno fatto: colazione consumando ben 30 caffè ogni mattina, pranzo, aperitivo e cena, insomma erano sempre qui; addirittura anche i martedì ovvero il giorno di chiusura stavano con noi e con i nostri amici.
A fine vacanza mi disse che gli sarebbe piaciuto fare un pop up sulla Clemi a Londra; pensavo stesse scherzando ma a distanza di un anno ovvero quest’anno sono arrivati dei famosi manager di questo signore e sono venuti a decidere il menù, a fotografare i piatti, l’interno del locale, le tovaglie per riprodurre lo stesso ambiente nel loro locale di Londra, trasformando e riproducendo in un piano del loro ristorante la mia osteria, dipingendo le pareti e i muri , ricreando l’atmosfera molto simile alla nostra, con le stesse tovaglie, arredi, gli stessi piatti del nostro menù ed è stato molto emozionante.
Siamo partiti io, mio nipote Nicolò e tre ragazzi della cucina e abbiamo cucinato, non abbiamo portato via i ragazzi della sala perché là sul posto ce ne erano già parecchi.
Abbiamo fatto due serate un mercoledì ed un giovedì, tra l’altro il giovedì era la serata clou ed abbiamo fatto il pieno del locale ovvero 110 persone. Il bello è stato che quando hanno proposto loro la serata ai propri clienti e membri, perché è un club privato, in 30 minuti hanno riempito tutto anche perchè alcuni clienti di quel posto erano anche nostri clienti difatti alquanti ce li siamo ritrovati lì.
E’ stato davvero commovente andare in un posto che non è casa tua ma era come se lo fosse; altresì vedere quei ragazzi che ci mettevano una passione e un amore immenso…. che emozione”.
Clemi ha terminato di preparare quelle vaschette che strabordavano di funghi porcini che durante la nostra chiacchierata con generosità si accingeva a tagliuzzare.
Ora si prodiga nel preparare il risotto con i funghi porcini; io mi accomodo in veranda e la attendo al tavolo dove nel contempo il nipote Nicolò inizia a servirmi con eleganza e grazia una misticanza di uovo sodo grattugiato e pancetta, pomodori pelati del loro orto con mozzarella di bufala del Piave e capperi forniti da un amico quasi “moroso” – sorridendo afferma Nicolò – della Clemi.
Poi arriva la “padrona di casa” che con la sua parvenza e padronanza ma senza supponenza si accinge nel raggiungermi e condividere assieme a me il suo piatto preferito ovvero il risotto che oggi sarà ai funghi porcini, questi ultimi appena curati, preparati e cucinati.