di ALLISON BOLZONELLO
Ogni giorno almeno una donna subisce una forma di violenza fisica o sessuale.
Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, per approfondire questo argomento abbiamo incontrato l’Avvocato Sabrina Favaro esperta di diritto penale e minorile.
Cosa si intende per violenza di genere e quali sono i vari tipi di violenza riconosciuti?
“Guardando al significato più ampio del termine -dice il legale-, per violenza di genere si indicano forme di condotta pregiudizievole rivolte verso un vasto numero di persone discriminate in base al sesso. A partire dal 1993, con la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sì è ampiamente utilizzato il termine di violenza di genere per indicare la violenza contro le donne.
La violenza domestica viene agita contro le donne all’interno di una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che vi sia convivenza con l’autore di violenza o che venga esercitata dopo la conclusione della relazione”.
Ci parli della violenza domestica che forse è, purtroppo, la più diffusa.
“La violenza di genere e domestica si manifestano sotto varie forme: vi è quella fisica, più evidente e più facile da provare in giudizio in quanto accertabile attraverso una refertazione medica che riscontri le lesioni corporee; vi è l’aggressione alla sfera sessuale della donna che può essere agita sia con costrizione (violenza, minaccia o abuso di potere) sia con induzione, ovvero con abuso di una condizione di inferiorità fisica o psichica della vittima; vi è quella psicologica, sottile e manipolatoria, più difficile da provare, che svilisce e umilia la donna sino ad azzerarle l’autostima e la capacità di reagire all’autore di violenza, rendendole difficile un’uscita dal circuito della violenza che è sempre circolare, perché ad ogni fase acuta segue una fase di remissione e di scuse da parte dell’autore di violenza fino alla successiva acutizzazione e nuova remissione, è così ripetutamente in senso circolare.
E quella economica?
“Vi è la violenza economica, ovvero quell’ipercontrollo esercitato dall’autore di violenza che non desidera che la propria compagna o moglie svolga attività lavorativa, per il timore che possa stringere relazioni sull’ambiente di lavoro”.
Da cosa nasce la violenza domestica?
“La violenza all’interno di una relazione nasce spesso dalla fragilità: l’autore di violenza é sovente connotato da una personalità abbandonica e dipendente, che trova origine nella sua storia personale e familiare, e instaura relazioni con una donna sulla base di un’aspettativa di cura, proiettando sulla propria compagna le proprie fragilità perché vengano curate.
Si instaura così una relazione non evolutiva ma disfunzionale e di dipendenza, in cui il possesso e il controllo prendono il sopravvento sull’amore e sul rispetto verso l’altra persona.
L’autore di violenza, che abbia queste caratteristiche di personalità, teme l’allontanamento della propria compagna, teme il suo vivere sociale, non vede di buon occhio le sue relazioni amicali e lavorative e agisce con ipercontrollo.
Fattori quali problemi di dipendenza, stressor ambientali o disturbi psichiatrici possono fungere da catalizzatori all’incapacità di tollerare le frustrazioni da parte dell’autore di violenza e alla sua incapacità di controllare la rabbia”.
Quali strumenti oggi ha una donna per difendersi dal fenomeno della violenza domestica e di genere?
“Uscire allo scoperto e denunciare rimane ancora lo strumento principale che una donna ha a disposizione per difendersi, uno strumento che però va messo in collegamento con le agenzie della rete della violenza: gli ospedali sono preparati ad accogliere e trattare, attraverso il protocollo sulle violenze, i relativi casi; i presidi delle forze dell’ordine all’interno degli ospedali possono raccogliere le denunce delle donne che si rivolgono agli ospedali; i reparti di ginecologia sono abituati ad attivare il protocollo rosa sulla violenza sessuale e a trasmettere le analisi cliniche ai laboratori di tossicologia forense, laddove vi sia il sospetto che la violenza sessuale si sia perpetrata con l’uso di sostanze alcoliche o la somministrazione di droghe quali il GHB, detto droga dello stupro”.
Che ruolo hanno i centri antiviolenza?
“Svolgono una fondamentale funzione di supporto e protezione alle donne vittime di violenza, offrendo consulenza psicologica e legale, percorsi verso un’autonomia finanziaria e possibilità di inserimento nelle case rifugio nelle situazioni ad alto rischio.
La donna che denuncia ha inoltre la possibilità di richiedere l’applicazione di ordini di protezione, ovvero misure cautelari che impongono all’autore di violenza di tenersi a distanza dalla vittima e che, se violate, comportano il carcere.
Norme quali il Codice Rosso e la riforma Roccella hanno potenziato gli strumenti di tutela per le donne vittime di violenza, ma rimane di fondamentale importanza che la donna fornisca quanti più elementi di riscontro possibili rispetto alle sue dichiarazioni: persone informate sui fatti (parenti o amici stretti) in grado di riferire quanto confidato dalla vittima di violenza; referti chiari di Pronto Soccorso sulle avvenute aggressioni, con dichiarazioni univoche e veritiere circa l’accaduto; messaggistica dei momenti di aggressività verbale dell’autore di violenza; ricorso alle Forze dell’Ordine, nei casi di bisogno, con chiare descrizioni degli avvenimenti.
Questo perché con la riforma Cartabia del dicembre del 2022 accade oggi che un processo vada avanti se vi è fin dall’inizio una ragionevole previsione di condanna dell’indagato, mentre un tempo bastava che vi fossero elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio, non anche che vi fosse fin da subito una prognosi di condanna.
Questo comporta che l’insieme dei riscontri probatori deve essere corposo e chiaro sin dall’inizio, circostanze peraltro difficili da ritrovare nei casi di violenza di genere e domestica in cui invece le vittime, per paura o per vergogna, faticano anche solo ad uscire dal circuito della violenza e ad essere disposte a dichiarare sin dall’inizio gli episodi di violenza”.