“Presso la parete/presta ascolto/Ti insegnerò la via”

(iscrizione di una tavoletta sumerica, XXIII secolo a.C.)

di FEDERICO BETTUZZI

Scrittori, poeti, pittori, scultori. Ripercorrendo le vie della nostra Treviso è facile imbattersi in alcune di queste tipologie. Se non per i lasciti delle loro opere, per la toponomastica che li omaggia esplicitamente. Non è un caso se Dino Buzzati circa una secolo fa definì il capoluogo della Marca con la felice espressione di “piccola Atene”. Pur non disponendo di una acropoli monumentale, la Treviso di inizio ‘900 presentava un continuo fiorire di iniziative culturali, prodotti di menti illuminate. Alle grandi doti di De Pisis, di Coletti, di Comisso si accompagnavano i lasciti del conte Appiani, che aveva propugnato un nuovo modello di urbanizzazione (il Villaggio Eden, il tram, l’illuminazione pubblica, il castelletto di Porta Calvi). Oppure l’attivismo politico di Guido Bergamo che, pur costretto a partire per l’esilio dopo le minacce e le violenze delle squadracce fasciste, aveva lanciato un sistema di amministrazione efficiente che è ancora oggi motivo di studio.
Treviso era un laboratorio. Delle arti liberali, della politica, dello studentato. Nella stagione autunnale, i caffè erano colmi di studenti intenti a leggere le pubblicazioni, a confrontarsi su tematiche scolastiche e non solo, a declamare opere letterarie. La vivacità della città era palese e palpabile ovunque. Oggi purtroppo quella piccola Atene pare scomparsa, sepolta sotto nuovi impulsi non esattamente confortanti. Non è solo la modernità ad aver rivoluzionato i costumi, portando a dimenticare i valori di una città che era ammirata ovunque per la sua anima così brillante ed attrattiva. La malinconia dell’autunno, i primi freddi, le foglie che cambiano colore e cadono, il profumo delle caldarroste stimolano la memoria del passato. E ciò porta a una nostalgia comprensibile. Sarebbe emozionante far riscoprire alle giovani generazioni i valori dell’estetica, della sensibilità, della lettura. In una società purtroppo frenetica, votata all’immediato spinto sino al parossismo, pare che pochi abbiano il tempo (figurarsi la voglia!) di prendere in mano un libro e di accomodarsi su una panchina o al tavolino di un locale pubblico per riprendere le buone, care abitudini della piccola Atene. In cui, al fianco di grandi artisti, viveva un fitto gruppo di appassionati giovani e non solo che si abbeveravano quotidianamente alla fonte della sapienza.
Sono vane speranze, le mie? Chi lo sa. Mi fa piacere, durante le visite periodiche alle poche librerie rimaste in centro, notare ragazze e ragazzi tra le corsie degli scaffali, scegliere un volume e recarsi alla cassa per pagare. Chissà quanti di quei libri verranno davvero letti e quanti finiranno a impolverarsi in qualche scansia… la speranza è che il loro destino sia di farsi assimilare da qualche fortunato. Nel frattempo, mentre chiudo questo editoriale di riflessione, vi esorto care lettrici e cari lettori a trasmettere ai vostri cari l’amore per la lettura e per le arti. Magari scoprendo nuove storie attraverso “QuiTreviso”. O approfittando del ritorno degli appuntamenti con i Giovedì della Cultura di Fondazione Cassamarca, che tra l’altro mi vedranno a novembre tra i relatori di un pomeriggio a Ca’ dei Carraresi. Se vorrete, ci incontreremo lì per discutere di storia antica e contemporanea, per prendere un caffè assieme e per riscoprire assieme il valore del sapere. Intanto, buona lettura con le nostre proposte per il mese di ottobre. E non dimenticate mai quel che scrisse Pasolini sull’importanza dei lasciti morali: “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”.

PHOTO courtesy  of © LUCIANO BRAGAGGIA

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