LA RACCHETTA DI PAOLINI, “ARMATA” DAL TREVIGIANO RENZO FURLAN

DI CODOGNÈ, EX NUMERO 1 IN ITALIA ORA COACH. PRIMA SCHIAVONE ORA JASMINE

di Furio Prandi

E’ stato un campione di tennis, adesso i campioni di tennis li forgia lui. Renzo Furlan, di Cimetta di Codognè, 54 anni (è nato a Conegliano il 17 maggio del 1970), ha conquistato in carriera due titoli Atp 250, uno sul cemento (San Josè) e l’altro sulla terra rossa (Casablanca), entrambi nel 1994, su sette finali disputate.
È stato il sesto tennista italiano ad entrare tra i primi 20 giocatori del mondo dall’introduzione della classifica computerizzata. Il suo top è stato il 19º posto del 15 aprile 1996 ed è stato numero 1 del proprio Paese per 121 settimane. Il suo miglior risultato nei tornei del Grande Slam è rappresentato dai quarti di finale raggiunti al Roland Garros nel 1995. Una volta ritiratosi, ha intrapreso la carriera di coach, allenando, tra gli altri, Francesca Schiavone e Simone Bolelli, collaborando con la federazione italiana e con quella serba.

Quest’anno il suo nome è tornato prepotentemente in auge abbinato ad una delle sue pupille, Jasmine Paolini.
Un’autentica esplosione per la 28enne campionessa toscana, con le due finali, pur perdute, a Parigi e Wimbledon, i grandi risultati ottenuti negli altri tornei del circuito Wta, e la storica medaglia d’oro colta alle Olimpiadi di Parigi in doppio con Sara Errani. Ed il quinto posto assoluto raggiunto nel ranking mondiale. Da 20 anni ormai Furlan vive tra Marina di Massa, dove c’è l’Accademia Next Gen, usata più per la preparazione dei tennisti sulle superfici rapide, e Forte dei Marmi, quando invece si

Renzo Furlan

deve passare alla terra rossa, al Tennis Club Italia, dove è appunto tesserata la Paolini. E nelle finali dello Slam a Parigi e Londra sono anche riapparsi sugli spalti gli striscioni dei tifosi per lui (“Cimetta è qui”), come quando Renzo calcava i campi con le scarpette nei tornei di mezzo mondo e non stava seduto a dare consigli a bordo campo.

Furlan, come è nata la collaborazione con Jasmine?
“E’ cominciata nel 2015, quando io allenavo sia in Italia che in Serbia. Ci siamo conosciuti nel centro federale di Tirrenia, abbiamo iniziato a lavorare insieme nei primi tempi soltanto part-time, qualche settimana all’anno. Poi la cosa è diventata via via più costante, fino agli ultimi anni in cui praticamente sono diventato il suo coach a tempo pieno”.

Ed è arrivata la sua impennata esponenziale di successi.
“Il suo rendimento è cresciuto parecchio verso il 2021, quando è entrata per la prima volta tra le prime 50 giocatrici del mondo, e si è consolidato nei due anni successivi, 2022 e 2023: in particolare nel ‘23 dopo l’exploit di Cincinnati quando è entrata tra le prime 30. Salire di livello non è impossibile, quello che è difficile è consolidarsi.
Le due finali del Grande Slam a Parigi e Londra, poi l’oro alle Olimpiadi, sono state il frutto di questo consolidamento: certi traguardi non sono mai casuali, ma nascono dalla cultura del lavoro, della pazienza, della costanza. Un passo alla volta. Non possiamo parlare di exploit del tutto inattesi, ma non sono stati nemmeno programmati o pianificati: semplicemente sono stati una conseguenza della grande perseveranza di Jasmine”.

Quali sono le caratteristiche di questa ragazza?
“Jasmine ovviamente ha notevoli doti tecniche, però anche fisicamente è straordinaria. Pur così piccolina, ha una velocità mostruosa ed una fibra muscolare che le consente di muoversi bene sul campo anche al cospetto di avversarie molto più alte e robuste. E poi ha una tenacia non convenzionale: è sempre motivatissima. E sa ascoltare molto, altra qualità non comune”.

Qual è il vostro metodo di lavoro?
“Come ho detto, noi non pianifichiamo le vittorie di un torneo, ma una partita alla volta. Anzi, di solito non guardiamo neanche il tabellone: ci concentriamo di volta in volta sull’avversaria di turno. Vinta una partita, allora io inizio a studiare e visionare la giocatrice che Jasmine dovrà affrontare nel turno successivo e prepariamo il match.
Jasmine svolge allenamenti con me, ma anche con un preparatore atletico e poi abbiamo una collaborazione con un esperto di biomeccanica. Inoltre siamo sempre in contatto con la Federazione e soprattutto con la capitana della Nazionale femminile, Tathiana Garbin”.

Essere arrivata ai vertici a 28 anni non è stato un po’ in età avanzata sportivamente parlando?
“Lei ha iniziato a scalare le classifiche un po’ prima dei 28, a 24-25 anni, che mi sembra un’età più che ragionevole. E’ vero che oggi nel tennis, come anche in altri sport, si tende ad arrivare a certi risultati sempre più precocemente, ma non si deve neanche esagerare. Anche Vinci, Pennetta, Schiavone, per citare campionesse che l’hanno preceduta, hanno ottenuto il top in carriera alla soglia dei trent’anni. Solo la Errani aveva iniziato a vincere da più giovane. Credo che sia naturale e necessario sempre un periodo di consolidamento e di maturazione”

Recentemente in Veneto, a Mestre, si sono svolti i primi campionati mondiali under 10…
“Forse è un po’ troppo presto. Quei ragazzini, se arrivano a certi traguardi, a 20-22 anni si sentiranno già atleti ormai vecchi. Comunque per certi versi è normale che le federazioni, e quella italiana mi pare certamente all’avanguardia in questo senso, lavorino molto sulla base. L’Italia ha creato un’ottima rete, ha patrocinato molte manifestazioni giovanili. I frutti si vedono”.

Sinner o Musetti sono modelli d’ispirazione anche per Jasmine?
“Certamente possono esserlo e spesso lo sono. Guardiamo i match di Jannik, li studiamo. Lui e Jasmine oltretutto sono anche molto amici. Sinner trasmette tanti messaggi positivi, in campo e fuori, che ispirano anche altri tennisti e magari li possono rinforzare”.

Furlan giocatore e Furlan allenatore: che cosa è cambiato?
“Beh, alcuni aspetti del Furlan giocatore ho cercato di portarli nel Furlan allenatore. Certamente però il tennis dai miei anni è cambiato, tante cose sono cambiate. Cerco sempre di capire, interpretare le trasformazioni e le evoluzioni dello sport e della preparazione: metodologie e canoni moderni che io poi cerco di trasmettere. Mi devo documentare molto, studiare sempre. Con un’atleta di vertice come Jasmine mi confronto, sia tecnicamente che mentalmente: il nostro è un rapporto 1 a 1. Quando il rapporto dura da anni, come con Jasmine, si crea una complicità, però c’è un netto stacco: c’è stima, anche affetto, però io sono l’allenatore e lei la giocatrice.”

Da giocatore come da allenatore però una cosa non è cambiata: la vita da giramondo.
“Non mi è mai pesata. Sono abituato a vivere così, fin dai tempi in cui mi sono trasferito dalla Marca a Roma, da giovanissimo, per imparare a giocare meglio. Certo, non perdo le mie radici, e quando posso torno sempre volentieri a Treviso”.

Prossimi traguardi? Ah no, voi non programmate…
“A settembre ci sono i tornei americani. E verso fine anno le finali Wta. Sarebbe bello che Jasmine potesse disputarle, restando tra le prime dieci del mondo. Sarebbe una grande soddisfazione e un po’ una sorta di ricompensa per quanto ha fatto finora. Quello diciamo che potrebbe rappresentare un obiettivo anche da prefiggersi, da programmare. Facendo un’eccezione”.

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