A cura di Alberto Franceschini, Presidente ANTEAS TV
Nei mesi scorsi abbiamo assistito all’inaugurazione dei lavori per la realizzazione delle Case di Comunità che dovrebbero sorgere in vari comuni della provincia di Treviso alla presenza dell’onnipresente Direttore generale dell’Ulss2 marca trevigiana dei Sindaci e dei Presidenti dei Comitati dei sindaci dei vari Distretti socio-sanitari in cui è divisa la nostra provincia e che coincidono con il territorio delle vecchie ULSS 7-8-9.
Il tutto rientra nella missione 6 del Piano di ripresa e resilienza PNRR dedicata alla salute che prevede la destinazione di oltre 15 miliardi di euro, di cui 3 miliardi per la costruzione di circa 1350 Case di
Comunità. Ad oggi 367 restano da edificare mentre 1052 da ristrutturare (dati di Openpolis). Nessuno però ha spiegato in modo esauriente cosa sono e a cosa servono queste Case di comunità. Quale sia l’obbiettivo di fondo che esse perseguiranno per migliorare la cosiddetta sanità territoriale le cui falle sono ampiamente emerse in occasione della pandemia.
In primo luogo va detto che pur chiamandosi Case di Comunità i cittadini interessati, le nostre comunità, non sono state minimamente coinvolte tant’è vero che se chiedete qualche cittadino vi risponderà che non sa cosa sono.
Abbiamo quindi pensato che valesse la pena soffermarci sull’argomento per dare informazioni di massima su questa novità con la quale si troveranno a dialogare a partire dall’inizio delle loro attività che a oggi non sono ancora molto chiare perché se l’idea è ottima la possibilità di essere realizzata dipende da fattori ancora irrisolti. Vediamo innanzitutto i contenuti di queste Case di Comunità.
OBIETTIVI E FUNZIONI
Le Case di Comunità hanno l’obiettivo di diventare il punto di riferimento principale per la salute e il benessere della popolazione a livello locale. Tra le loro funzioni principali si trovano:
1. Assistenza Sanitaria Primaria: offrono servizi di base come visite mediche, diagnostica e trattamenti, promuovendo la prevenzione e il monitoraggio delle malattie croniche.
2. Integrazione dei Servizi Sociali e Sanitari: collaborano con i servizi sociali per garantire un approccio completo alle necessità dei pazienti, considerando sia gli aspetti medici che quelli sociali.
3. Supporto alla Salute Mentale: forniscono assistenza psicologica e psichiatrica, creando un ambiente sicuro per il trattamento dei disturbi mentali e del benessere emotivo.
4. Promozione della Salute e Prevenzione: organizzano attività di educazione sanitaria e campagne di prevenzione per sensibilizzare la comunità sui temi della salute.
5. Servizi per la Popolazione Fragile: prestano particolare attenzione agli anziani, ai disabili e a tutte le categorie vulnerabili, offrendo supporto dedicato e continuativo.
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Le Case di Comunità sono concepite come strutture multifunzionali, dove diversi professionisti della salute e del sociale lavorano insieme per fornire servizi integrati. Tipicamente, queste strutture includono:
• Medici di base e specialisti
• Infermiere e personale sanitario
• Assistenti sociali
• Psicologi e psichiatri
• Operatori socio-sanitari
• Volontari e associazioni di supporto
Questa organizzazione dovrebbe permettere una gestione coordinata e personalizzata del paziente, riducendo i tempi di attesa e migliorando l’efficacia delle cure ma:
1. La presenza di medici nelle 16 ore o 24 di apertura da chi sarà garantita?
2. I medici di base che non hanno ancora dato il loro assenso a trasferire le loro attività all’interno della Casa di Comunita?
3. Altri medici specialisti dove si andranno a trovare vista la carenza esistente già negli ospedali?
4. Infermieri e OSS non ce ne sono abbastanza neanche a coprire le attuali attività tant’è che se li contendono ULSS e RSA?
5. La strumentazione di alta tecnologia per esami in rete con l’ospedale di riferimento ovvero la telemedicina quando potrà partire?
6. La presenza dell’Assistente Sociale è tutta da chiarire stante lo scontro in essere tra Comuni e Ulss per rendere operativa le legge regionale che istituisce i cosiddetti ATS ovvero ambiti territoriali sociali cui dovrebbero competere materie che vanno dagli anziani alla disabilità, dalla povertà alla casa ecc. Una legge regionale che prevede la restituzione delle attività sociali ai Comuni in quanto loro specifiche competenze, in passato delegate all’Ulss, a cui i Comuni destinano anche importanti risorse.
Le case di Comunità possono essere anche l’occasione per valorizzare il lavoro di rete, l’interprofessionalità, la multidisciplinarietà, la prossimità e la partecipazione semprechè si ponga al centro la comunità nelle sue varie forme (pazienti, caregiver, associazioni), per diventare un vero contesto di trasformazione della visione della cura.
Così facendo può diventare nodo centrale di una più ampia rete di offerta dei servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali e parte integrante dei luoghi di vita della comunità locale.
Bisognerebbe che qualcuno a partire dagli Amministratori e Sindaci delle nostre comunità garantissero ai loro cittadini che queste Case di Comunità diventeranno luoghi dove si avrà cura della dimensione relazionale e affettiva dei cittadini, dove farli sentire accolti perchè facenti parte della comunità che li riconosce e si fa carico dei loro bisogni.
Il coinvolgimento della comunità può contribuire a riformulare le politiche di salute, arricchendo la lettura dei bisogni, cogliendone anche quelle aree grigie non sempre inquadrabili nelle categorie in cui sono organizzati i servizi, e permettendo in questo modo di identificare, generare e innovare le possibili risposte. In altre parole si potrebbe dire che le comunità hanno in sè i propri problemi ma anche le proprie soluzioni.
La partecipazione della comunità diventa cruciale al fine di ripopolare gli spazi pubblici di prossimità: luoghi dove le persone possono prendere la parola, discutere, decidere, elaborare e mettere in opera soluzioni adatte ai contesti nei quali emergono.
Concepita in questi termini la Casa di Comunità rappresenta quindi un esempio dei legami esistenti tra processi partecipativi, contrasto alle disuguaglianze e promozione d’equità.