Dopo la Zanzega, Lele è la voce e anima di “Racola”
Un Uomo che ha fatto della propria passione il suo lavoro.
Generoso nel racconto e nel raccontarsi, accompagnato da una profonda cultura, abbracciato da una semplicità e genuinità disarmante e una purezza a volte scomodante.
di Federica Gabrieli
Nato a San Donà di Piave, il 21 settembre 1974, da genitori immigrati conosciutisi in Svizzera precisamente a Zurigo (era l’ultima ondata di immigrazione dei veneti degli anni ‘50, alla ricerca non tanto di sussistenza quanto di uno stipendio e posizione migliore per poi rientrare). Una famiglia umile ma distinta, lavoratrice ma sempre presente.
Raccontaci un po’ di te e della tua infanzia. Che bambino sei stato Daniele?
“Ho trascorso l’infanzia tra San Donà e Tarzo, proprio perché mio nonno era di quel posto e mia madre era nata lì. Mio nonno era rimasto vedovo giovane, quindi si andava ripetutamente per tenergli compagnia supportandolo nelle sue attività quotidiane ovvero quelle dei campi, dell’orto, del suo vitigno, passando quindi tutti i weekend ed estati in quel luogo. Ho memorie molto collinari, quando ancora non c’era il business del prosecco, era un paesaggio molto più selvaggio proprio perchè giravano meno soldi, un ricordo di un profondo ed indelebile legame rivolto all’agricoltura dei tempi, alla coltivazione della vite di sussistenza, tutto molto naturale dove madre natura si esibiva in tutta la sua bellezza e semplicità, un po’ come sono io nonostante non sia bello ma semplice quindi una infanzia immersa nel verde delle colline tra Tarzo, Revine Lago, Conegliano etc.
Mio padre da emigrato lavorava presso la Zecca di Stato Svizzera, mia madre casalinga, tuttavia una famiglia di operai, umile e che ha permesso a tutti e tre i suoi figli di studiare e di seguire l’indole che avevamo, una famiglia molto aperta nonostante l’epoca.
Per quanto riguarda gli anni di scuola, ho sostenuto il classico percorso salesiano proprio perché a San Donà c’è una presenza di questa comunità molto forte e sentita; un oratorio che dagli anni ‘60 agli anni ‘90 è stato molto attivo con i giovani, dando molte opportunità rispetto ad altre congregazioni religiose e soprattutto molto attenti alla formazione dei ragazzi sotto vari punti di vista difatti proprio là mi sono appassionato di teatro e cinema, tant’è che da bambino facevo il proiezionista ovvero cambiavo le bobine al cinema del Don Bosco. Ho questi ricordi molto allegri, ero un bambino molto vivace, chiacchierone, rompi scatole insomma quel simpaticone un po’ furbetto a cui però piaceva moltissimo andare a scuola”.
Dalla maturità scientifica hai proseguito gli studi al Dams di Bologna. Un percorso completamente diverso. Cosa ti ha condotto a questo cambiamento?
“Ho conseguito il diploma scientifico e seguito il mio grande sogno che avevo già maturato in epoca fanciullesca e adolescenziale ovvero il mondo del cinema, quindi mi sono iscritto al Dams di Bologna che al tempo era l’unica Università ( molto aperta e ricca di suggestioni, visioni, creatività, un ambiente culturale molto vivo e questo ti rimane nel tuo bagaglio personale) che trattava questi temi ed era diretta dal grande semiologo Umberto Eco, un valore aggiunto alla scuola. Contemporaneamente agli anni dell’università mi esibivo in svariati locali, teatri e lavoravo in radio iniziando con una emittente del posto dove sono nato, sebbene il mio percorso in quell’ambito lo avevo già collaudato all’epoca delle superiori da quattordicenne, dove ho scoperto la mia passione per la musica, lo speakeraggio e il dialogare davanti al microfono. Dopo la laurea ho seguito un percorso radiofonico come speaker nelle emittenti Radio Bella & Monella e Radio Marilù. Per un periodo mi sono adoperato anche come copyright, scrivevo testi e seguivo inventandomi campagne pubblicitarie, che diventavano cartaceo, video e radio anche per altre emittenti nazionali. Dopo questa esperienza mi sono aperto la mia agenzia assieme ad un caro amico, occupandomi delle stesse attività che avevo svolto fino a quel momento ma in autonomia.
La radio era diventata una passione irrinunciabile e questo mi permetteva, oltre che di creare la mia rete di contatti, di fare anche il DJ, ovvero giravo i dischi sia commerciali che di nicchia”.
La tua passione più grande oltre al cinema è la lettura. Chi ti ha passato questo interesse?
“Avendo due fratelli più grandi e con un percorso scientifico e ingegneristico nutrivano una grande passione per i libri e musica classica quindi in casa aleggiava questa suggestione. Grazie a loro mi hanno aperto la strada alla conoscenza, alla lettura e alla musica”.
C’è un evento o viaggio particolare che ti ha particolarmente entusiasmato?
“Mi piace raccontare ma con un desiderio estremo di alleggerire le cose, di essere allegro e simpatico, forse è questo il meccanismo che mi ha permesso di entrare in profondità e in dialogo con le persone che mi seguono. Un momento molto bello ed interessante è stata l’avventura con un caro amico con cui ho avuto una bella esperienza sia letteraria che narrativa; siamo cresciuti insieme e organizzavamo un grande Festival che si chiamava Fiesta dedicata a Ernest Hemingway, nata per il suo centenario e, siccome a due chilometri da dove noi siamo cresciuti ovvero a San Donà ci fu il ferimento di Hemingway durante la prima guerra mondiale e di questo non se ne parlava mai e neppure di questa figura che era stata una dei più famosi scrittori della storia della letteratura, noi abbiamo deciso di ricordarlo. Sempre con questo mio amico decidemmo un’estate di fare una micro vacanza a piedi percorrendo il Piave con zaino, tenda, fornello, scatolette di tonno e simmenthal camminando sei giorni. Quell’avventura ci ha talmente coinvolto vista la situazione e storia di questo fiume, che tra l’altro è uno dei più importanti del mondo per mille motivi, che l’anno dopo lo rifacemmo vista anche la mia attitudine al mondo video, filmando il viaggio partendo da Venezia e precisamente da San Giovanni in Bragora; tutto ciò era anche supportato dal fatto che io lavoravo anche in radio e ogni sera alle 19.00 al termine della lunga camminata facevo una diretta telefonica dove in cinque minuti raccontavo dove eravamo stati”.
Negli ultimi anni ti sei prodigato molto come conduttore e collaboratore in varie trasmissioni televisive. Ad oggi sei presente sia nelle emittenti Tv regionali ma anche nazionali. Com’è evoluto il tuo percorso professionale?
“Difatti dall’esperienza filmata del Piave è iniziata una collaborazione con AntennaTre, allora di Panto, con il format Zanzega. Poi ci fu la rottura con l’editore e ho creato un nuovo format molto simile ovvero Racola, trasmessa dal gruppo Videomedia. Collaboro come autore ed organizzatore delle puntate in Veneto per la Rai precisamente per la trasmissione Linea Verde. Produco documentari su richiesta sempre in zona Nordest per Geo su Rai 3. Ho collaborato presso l’Università di Padova come direttore artistico di un festival delle bonifiche italiane “Terre Evolute” organizzato dalle terre di bonifica del Veneto e dall’Università di Padova (luogo decretato per l’evento era San Dona di Piave dove sono nato e che ancora oggi è considerato la capitale della bonifica). A seguire la stessa università mi ha offerto una borsa di studio del Dipartimento di Storia della Memoria Orale in cui intervistavo degli anziani per preservare alcune antiche tradizioni e mestieri nell’archivio dell’Università di Padova.
Ho collaborato con la Film Commision per una produzione cinematografica in Veneto.
Parallelamente sono stato contattato dal Gruppo Discovery che mi ha proposto di creare un format di mezz’ora sul canale 33 di Food Network, che si occupa di cibo ma in chiave più culturale, e da li è partita l’avventura di Osterie con Lele Marcassa, promuovendo la parte culturale ed immergendomi nelle tradizioni culinarie del luogo. E’ andata bene tant’è che fra poco ricomincia la seconda edizione”.
Sei stato presente come conduttore e collaboratore in varie trasmissioni televisive, con un tema comune rivolto alla natura, paesaggi, storicità dei luoghi, approfondendoli nei loro aspetti più reconditi ed occulti. C’è un luogo particolare durante i tuoi viaggi che ti ha particolarmente penetrato?
“Sono tantissimi e di diversa natura geografica. Sicuramente l’esperienza del mio cammino del Piave, un fiume a due metri da casa mia, che se lo vivi dentro e tenacemente ti regala delle emozioni incredibili; poi la città di Venezia e la sua laguna che sono particolarmente attratto e per motivi ancestrali legati alla mia infanzia, tutta la zona dell’alta Marca ovvero delle colline adesso patrimonio dell’Unesco che credo di conoscere benissimo perché sono un fanatico del paesaggio e sebbene non ho mai fatto battaglie e non sono mai stato ambientalista e politicamente schierato, ogni tanto quando ero ragazzo qualche lacrimuccia vedendo cementificazione o l’iper costruzione di capannoni non mi lasciava indifferente e sereno. Vedi, quei luoghi li ho stampati nel cuore, tant’è che periodicamente sono il mio rifugio anche in solitudine e sono luoghi che mi permettono di enfatizzare la mia creatività e pensiero. Quando stai bene in un posto quella serenità che ti regala ti permette di essere più a contatto con te stesso e molto più propenso ad indagare sulla tua persona. Per qui ci sono più panorami che considero solo miei che non divulgo e in cui periodicamente cerco di rifugiarmi anche solo per qualche giorno”.
Hai un consiglio da suggerire ai giovani di oggi?
“Non la solita frase ovvero “fai quello che credi” che va benissimo di base, ma secondo me c’è solo un modo per emanciparsi con sè stessi ma anche con la società che ci circonda ed è appunto studiare. E’ fondamentale studiare con grande curiosità, quindi qualsiasi percorso di studio che un ragazzo percorra credo sia necessario approfondirlo e non rimanere ai margini della conoscenza perché il tempo è poco e sapere è bello. Credere e vivere il paesaggio, per questo consiglio di riflettere sul pensiero che hanno avuto grandi uomini veneti da Andrea Zanzotto a Giovanni Comisso che per loro il paesaggio è stato determinante a livello filosofico, poetico e culturale, per cui ha la propria intelligenza più o meno analitica.
Il racconto, l’approfondimento e la salvaguardia del paesaggio veneto per me è una missione; vorrei che i ragazzi vivessero più a contatto con il proprio paesaggio, con la natura e una smisurata voglia di studiare e curiosare, anche se ciò comporta impegno e sacrificio. Personalmente mi rendo conto che avrei cominciato molto prima e avrei studiato molto di più ma te ne accorgi molte volte quando sei più grande l’importanza e il valore che ha l’approfondimento e la lettura, con una consapevolezza diversa. Lo studio della storia ad esempio ti permette di instaurare un percorso corretto con la tua visione politica/sociale perché se conosci la storia conosci anche le dinamiche che essa comporta e questo al giorno d’oggi, con una società e sistema che in tutte le maniere cerca di rendere sterili le menti umane con placebi social e diavolerie del genere che servono ma dipende sempre l’uso che se ne fa, è fondamentale”.
Chi è oggi Daniele Marcassa?
“Un grandissimo “cazzone”, pigro che dovrebbe fare un po’ di sport tuttavia ho smesso da troppo tempo ma quest’anno ricomincio sebbene è da due anni che me lo ripeto. Ci vuole un po’ più di “forsa e coraio”, “darse da far”, questo è il proposito che ho. Desidero continuare a fare i programmi che sto facendo perché mi diverto moltissimo difatti non lo considero un lavoro bensì una passione che mi è concesso di farla, con momenti difficili e altri meno, e continuare a collaborazione con l’Università di Padova. Ho qualche idea che bolle ma per ora preferisco non esternarla.
Mi piacerebbe prendermi una laurea in storia e diventare un autore ovvero scrivere testi che hanno riferimenti storici, culturali e paesaggistici e nel contempo approfondire anche la drammaturgia per la televisione e il cinema”.