Le Dolomiti della cantautrice Erica Boschiero
La voce di Erica Boschiero, cantautrice trevigiana dalle radici emotive ancora salde fra le Dolomiti, è gentile e carezzevole anche al telefono. Attira a sé, come i boschi nell’arsura e le acque cristalline. Racconta di un legame con la natura che è andato perduto nei cittadini delle piazze italiche, intenti, da secoli, a piegare l’ambiente e non a farne parte.
Il suo album Respira, iniziato nel 2019, sviluppato nei cinque anni successivi anche con il prezioso contributo di Neri Marcorè ed arrangiato e coprodotto da Sergio Marchesini, pone tre temi di riflessione-narrazione, in primo luogo l’ambiente ovvero la nostra casa; poi le rotte dell’uomo che migra e che lascia La Memoria dell’Acqua; infine la violenza che si esercita, oltre che nell’ambiente, anche verso le donne, in La Città della Gioia.
Finalista al Premio Tenco 2022 con l’album Respira nella categoria Miglior album italiano in assoluto, Erica Boschiero dirige dal 2017 il Coro dell’Università Popolare di Treviso con cui porta in scena lo spettacolo Principesse un corno! sulla questione di genere e lo spettacolo Todo cambia.
In un’età di tecnica ed intelligenza artificiale, quale ruolo è affidato alla musicista?
“Penso che la tecnica e l’intelligenza artificiale abbiano un orizzonte limitato dalla loro stessa funzione, molto pratica e legata a variabili di massimizzazione dell’efficienza delle attività dell’uomo. Le arti portano in sé la capacità di guardare da diverse altezze ed angolazioni l’agire dell’uomo affinché egli diventi capace di una visione del futuro, altra e migliore. Per quanto l’intelligenza artificiale abbia raggiunto livelli di grande sofisticazione, tuttavia l’uomo conserva la capacità di un pensiero laterale, di un’accidentale intuizione creativa. L’accidente creativo è totalmente umano e, a mio parere, in futuro avremo ancora più bisogno di questa fenomenologia umana”.
Nella sua estesa ed impegnata produzione cantautorale, a cosa si è ispirata?
“Ogni canzone è un mondo a sé: spesso sono stati dei fotogrammi a sbloccare le immagini ed i suoni che stavano già dentro di me. Oppure scene quotidiane, frammenti di conversazioni, brani di altri autori. La nascita di una canzone è un mistero: alcune intuizioni si lasciano afferrare e stendere sulla carta. Un frammento di articolo su temi a me cari- l’ambiente, le donne, i deboli- mi smuovono il cuore e da queste fessure germinano e fioriscono le mie canzoni”.
In un suo recente speech a TedxTreviso, ha dichiarato che il Cadore è parte dell’eredità spirituale ed immaginifica che le è stata lasciata. Ci vuole spiegare più diffusamente questo senso di gratitudine?
“Le Dolomiti a ragione patrimonio dell’Unesco sono di una bellezza totalizzante, ed in quella bellezza sono nata ed ho trascorso la mia infanzia. Tutta quella bellezza, sparsa sui boschi, sui prati e sui rosa tramonti è entrata in me, mi dipinge e definisce perfino nella sua declinazione più cruda, quasi spietata. Ricordo i temporali violenti, il gonfiarsi impetuoso dei torrenti, il gelo degli inverni. Quel mondo ha lasciato la sua impronta in me ed io porto il ricordo nostalgico di quelle sensazioni. Perfino certe scene di caccia alle quali assistetti conservano la loro nitida funzionalità alla sopravvivenza: nessun gioco, nessun divertimento inutile, nessun abuso degli animali e dell’ambiente. In quel mondo, la morte trova la sua semplice evidenza al pari della nascita e della vita”.
Consiglierebbe ai giovani di scegliere la montagna come luoghi di residenza?
“Sì, lo consiglierei, in particolar modo qualora si tratti di luoghi che hanno intrapreso una fondata politica di ripopolamento, come in Val Morel. Lì numerose giovani coppie hanno deciso di trasferirsi per crescere i figli. In altri contesti consiglierei di non partire soli: è importante contare sul sostegno e supporto di una piccola comunità quando si vive in montagna. L’ambiente rischia di sopraffare l’individuo che deve superare l’isolamento, la scarsità di servizi e la durezza tipica dell’ambiente montano. E’ necessario un approfondito acculturamento per vivere in montagna, non basta colorare di romanticismo la bellezza della natura che ti circonda”.
Dei molti eventi pubblici che costellano la sua carriera, quale ricorda con più gioia?
“Certamente il concerto in sala Nervi davanti a papa Francesco, io suonavo e 7000 bambini cantavano con me Bellomondo. E, poi, la magia del concerto nella foresta del Cansiglio, il giorno del mio compleanno, una dimensione d’intima fusione di alberi, animali, insetti ed umani, danzanti e cantanti, nella notte illuminata dalle torce. Ancor oggi penso che in qualche modo il bosco stesso con le sue creature ci stesse ascoltando e stesse respirando con noi”.
di Sabrina Danieli Franceschini